Fine anni 6 :ultimo colpo di Evangelisti

Il '68 della Roma: arriva il mago HH

L'onorevole sente che é il momento di chiudere. Ma prima di andarsene vuole sorprendere. E alle spalle dell'ignaro mago di Turi ingaggia il "vero"mago del calcio: Helenio Herrera

Nessun romanista di antico pelo potrà dimenticare la rivoluzione del '68. «Tutto a posto, no?» non era più una battuta: Franco Evangelisti aveva fatto ingoiare ai tifosi tre stagioni di assoluta mediocrità ma era riuscito a saldare le frantumate ossa della società giallorossa. Il mago di Turi si era potuto esibire solo in banali giochi di prestigio.
Gli stipendi venivano pagati, il Sistina non aveva più riaperto le sue porte alle sparpagliate truppe di tifosi in cerca di rifugi e di salvezza: ma così, galleggiando sempre intorno alla boa del decimo posto, non si poteva andare avanti. Franco Evangelisti lo capì, e decise di dare un taglio. Se ne andò il presidente, se ne andò l'allenatore. La società passò nelle mani di un composto professionista, l'avv. Franco Ranucci, ma tra poco sarebbe arrivato Alvaro Marchini che era l'esatto contrario di Evangelisti: sobrio, diffidente, e cinico come sa essere un imprenditore di altissimo rango.
Anche Marchini aveva una naturale predisposizione alla cordiali là, ma sapeva tenerla a freno, imbrigliarla, per poi esibirla solo nei momenti più sciolti, quelli dedicati al piacere dell'amicizia. L'onorevole (Franco Evangelisti) voleva però lasciare il segno, prima di togliere il disturbo, e così preparò l'ultimo colpo ad effetto, l'ingaggio di Helenio Herrera. Da Juan Carlos Lorenzo a Oronzo Pugliese al blaterante H.H, la Roma seguiva una via esoterica per quanto riguardava la panchina: se non erano maghi non li voleva. Come se cercasse una verità nascosta, come se volesse penetrare -una volta per tutte- il mistero della sua mediocrità perdurante: l'ultimo risultato di un certo prestigio era stato il terzo posto (poi diventato secondo per la retrocessione dell'Udinese) della stagione 1954/55: tredici anni prima. Avanti Cristo, sembrava. L'ingaggio di Herrera fu un complicato affare, di mezze verità, di colossali bugie, di piccoli intrighi. Che mago era, don Oronzo, se tutto si era svolto alle sue spalle senza che neppure se ne accorgesse? Helenio Herrera era stato liquidato dall'Inter, ma continuava a parlare come Napoleone prima di Waterloo: cioè a credersi invincibile. Per venire a Roma, disse, avrebbe dovuto fare grossi sacrifici che richiedevano una compensazione finanziaria. I cento milioni che chiese erano un tesoro da sul tano, in quel tempo: la Roma ne mise insieme poco più della metà.
Franco Evangelisti partecipò senza svenarsi, i più impegnati furono Ranucci e Baldesi, che infatti assunsero poi presidenza e vicepresidenza. L'accordo con H.H. fu sottoscritto mentre don Oronzo incredulo scacciava gli spioni che andavano a riferirgli i fatti: voi siete matti. Lui aveva il contratto e credeva di essere al sicuro. Fu indotto a raggiungere un accordo e ad andarsene. E a convincerlo fu proprio Evangelisti, prodigo di solidarietà per il mortificato Oronzo. Poi se ne andò anche lui, l'onorevole. Questa fu la rivoluzione del '68.

Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport

 

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